La subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tali condizioni, dunque non costituisce un automatismo, ma rappresenta una facoltà del giudice.
di Sonia D’Angiulli, partner di LP Avvocati
Con la sentenza del 29 gennaio 2020, n. 3747, la Corte di Cassazione ha statuito che «La sospensione condizionale della pena in caso di condanna per il delitto di traffico illecito di rifiuti (articolo 452-quaterdecies, c.p.) può essere subordinata all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente che, tuttavia, devono essere accertati in concreto».
La vicenda riguarda il gestore di una cava per la coltivazione di inerti calcarei in Puglia.
La Corte di cassazione (sezione IV nella sentenza del 21.01.2020 n. 3747 – dep. 29.01.2020, imp. Fasano), accogliendo un motivo del ricorso della difesa dell’imputato, e pronunciandosi per la seconda volta sul punto, ha censurato la sentenza della corte territoriale leccese, la quale aveva negato (per la seconda volta) la sospensione condizionale della pena fornendo elementi meramente indicativi della configurabilità del danno ambientale o, quanto meno, del pericolo di danno, in relazione alla natura dei rifiuti di inerti – per lo più provenienti da attività edile, ma composti anche da metalli, plastica e materiale bituminoso, stoccati dall’imputato all’interno della cava da lui gestita.
La Corte ha valorizzato quanto indicato dalla difesa nel senso di ritenere che “(…) la Corte di merito, nella sentenza rescissoria, é incorsa nelle medesime manchevolezze già censurate dalla Corte di Cassazione in sede rescindente, avendo unicamente indicato la presenza di materiali non già dannosi o pericolosi, ma suscettibili di determinare un danno o un pericolo di danno per l’ambiente facendo poi rinvio alla consulenza tecnica dell’ing.(…) (acquisita in primo grado), dalla quale però il ricorrente – che la allega in versione integrale – ricava essenzialmente la presenza di rifiuti inerti, che, sebbene con la presenza di impurità, sono stati giudicati non pericolosi per l’ambiente.”
Conseguentemente la cassazione evidenzia che: “le risposte ai quesiti e le conclusioni tratte dal consulente del P.M. nella sua pur ampia relazione depongono, certamente, per una notevole volumetria di rifiuti e per la necessità del relativo smaltimento o, in alternativa, per l’utilizzo a fini di ripristino ambientale in loco; per la necessità di lavori di rifacimento, adeguamento e ripristino della vasca di raccolta delle acque meteoriche; nonché per l’esigenza di predisporre un basamento impermeabile antinquinamento. Nondimeno, si fa riferimento essenzialmente alla presenza di rifiuti che, per la quasi totalità, costituiscono “rifiuti speciali non pericolosi” ai sensi dell’art. 184, comma terzo, lettera b) del T.U.A. approvato con d.lgs. n. 152/2006 (cfr.ad es. Sez. 3, Sentenza n. 23788 del 15/05/2007, Arcuti, Rv. 236952; Sez. 3, Sentenza n. 30127 del 27/05/2004, Piacentino, Rv. 229467).
Nessuna indicazione é stata invece fornita su una loro pericolosità in concreto, né sulla base dei materiali elencati nella consulenza (e corredati dei relativi codici CER), né sulla base della presenza di altri elementi accertati in modo oggettivo, né tanto meno sulla base di un accertamento della sussistenza di alcuna delle caratteristiche di pericolosità indicate, per i rifiuti, nell’allegato I alla Parte Quarta del citato d.lgs. n. 152/2006. In proposito é corretta l’osservazione del ricorrente, basata sul dato testuale della norma di riferimento, secondo cui la presenza di un danno o di un pericolo per l’ambiente ai fini della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla relativa eliminazione (oggi ex art. 452-quaterdecies comma 4 cod. pen.) deve necessariamente formare oggetto di accertamento in concreto, postulando l’effettiva verificazione del danno o del pericolo, come evidenziato nella sentenza rescindente dalla 3 Sezione della Corte (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 19018 del 20/12/2012, dep. 2013, Acciarino, Rv. 255395). Non basta, cioé, la mera descrizione dello stato dei luoghi – per quanto suggestiva – se non corredata dall’oggettivo accertamento di una condizione di danno o di pericolo”
Infine la Suprema Corte, accoglie l’argomentazione difensiva secondo la quale “quand’anche si fosse in presenza di condizioni di danno o di pericolo per l’ambiente, la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione di tali condizioni non costituisce un automatismo, ma rappresenta una facoltà del giudice: facoltà che nella specie, tuttavia, la Corte di merito ha esercitato senza in alcun modo argomentare le ragioni della propria scelta discrezionale di esercitare tale facoltà”.